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al testo di Gil
Ti stancavi di ripetere il mio nome
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Ti stancavi di ripetere il mio nome e cercavi un rimedio che non fosse il mero soliloquio dell'universo continuavi a dire che le galassie erano i nostri cavalli a dondolo poi hai perduto la battaglia con le pietre e ti hanno nascosto al tempo dietro un marmo. Amavi giocare con i dadi sulle rotaie dei treni l'attesa dell'invisibile era un azzardo domestico e la sorte una finestra aperta a tuo favore tra una cellula e l'altra. Poi il fuoco non era una cagna in calore, né la fiamma una gatta randagia tra i vicoli di Roma erano solo quel consumarsi dei sogni o lo spegnersi delle sere nei bui che sempre accompagnano le notti nel cuore dei destini. Accadde la morte a dirti l'eletta schiera degli umani, senza versi e una flebile memoria, ìmpari impresa contro quel gigante che si chiama oblio. Accadde la morte e più nulla, più nulla di quel rumore di pioggia sui tetti e delle mille maschere di quell'unico desiderio nelle pieghe dei nostri respiri che furono l'incipit di ogni atto di nascita alla vita, poi disperse a ventaglio dell'incompiutezza, spermatozoi scartati al casting dei protagonisti.
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Ferdinando Giordano
- 31/08/2020 12:35:00
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Sei vivace e linguacciuto (positivissimo), quanto creativo a tutta forza. Ti leggo a sorpresa, volutamente. Mi piace la tua cura, la crescita nel verbo, la diffusione umana dello spirito detto in apertura. Imparo anche questo, perciò grazie, sempre.
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